Snake bite kit

Scritto nel 1962 da Samuel Glasstone

Negli scenari bellici delle giungle tropicali, nella Seconda Guerra Mondiale e – soprattutto – durante il conflitto del Vietnam, l’esercito americano si ritrovò a fare i conti con una minaccia insidiosa e strisciante: i serpenti velenosi.

Per proteggere le truppe impegnate negli ambienti ostili del Sud-est asiatico, dove ogni anno migliaia di persone perdevano la vita a causa di morsi letali, venne pertanto studiato, creato e consegnato a ogni soldato il leggendario “Snake Bite Kit”.

Compatto, resistente e tascabile, il kit conteneva strumenti essenziali per eseguire un primo soccorso in caso di morso. Al suo interno si trovavano un dispositivo di aspirazione per rimuovere il veleno, un laccio emostatico per limitare la sua diffusione, un piccolo bisturi per incisioni superficiali e il materiale per pulire la ferita.

Ora immaginatevi un giovane soldato, spesso alle prime armi e sprovvisto di qualunque formazione medica, alle prese con una simile emergenza: il cuore che batte furiosamente, le mani che tremano mentre cerca di leggere le minuscole istruzioni stampigliate sul coperchio della confezione – tutto in un ambiente dove anche l’aria sembra pesare.

Sotto il sole cocente o nella penombra umida di una foresta, agire con precisione era una sfida al limite dell’impossibile: il kit rappresentava una speranza, un tentativo di controllare l’ignoto con pochi strumenti e moltissima determinazione.

A guardalo oggi, è abbastanza difficile immaginare un impiego efficace dello strumento: il kit, di cui conserviamo uno splendido esemplare al museo, è tuttavia un simbolo di come la necessità di proteggersi da una minaccia silenziosa abbia plasmato le strategie di sopravvivenza durante i conflitti, anche solo offrendo un barlume di speranza ai soldati che affrontavano l’ignoto.

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